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Periodicità "d'uso" ed inefficacia della modifica unilaterale del contratto

Ciclo dei mesi 00

Trento, Palazzo del Buonconsiglio, particolare del "Ciclo dei Mesi".

La contrattualistica predisposta da Società fornitrici di servizi, nel caso telefonici, può creare problemi anche ad aziende, oltre che a privati.

In un recente caso, deciso dal Tribunale di Milano con sentenza n. 6737/2022 e patrocinato, dal lato dell'azienda utente, dallo Studio, si è dibattuto dell'efficacia o meno di una modifica con la quale la fornitrice di servizi aveva inserito una periodicità di 28 giorni, a determinati fini tariffari, invece di quella consueta di calendario.

Il Tribunale, inquadrato il rapporto contrattuale in termini di somministrazione di servizi (art. 1677 cc), ha dunque individuato la disciplina codicistica di riferimento negli artt. 1559 e seguenti, specialmente art. 1562 comma 2.

La conclusione nel senso dell'inefficacia ha seguito tre distinti itinerari argomentativi.

In primo luogo, è stata ritenuta appunto la contrarietà della modifica contrattuale unilaterale rispetto alla nozione di periodicità "d'uso" di cui all'art. 1562 comma 2°, dal momento che il periodo di 28 giorni è stato ritenuto, con ampia motivazione, "eccentrico" rispetto a quello storico del mese: quindi non agevolmente considerabile nè prevedibile dall'utente del servizio.

In secondo luogo, è stata argomentata la contrarietà di tale modifica rispetto al canone della trasparenza nei rapporti contrattuali, con ampi richiami di disciplina, ivi compresa la Delibera AGCOM n. 121 del 15 marzo 2017, come ad esempio nel passaggio che si riporta: "Al fine di consentire all’utente medio di rappresentarsi quale sia l’entità del prezzo e del servizio contrattualizzato, ove si tratti di servizio con corrispettivo fisso su base temporale (cioè euro/periodo di tempo), appare necessario che sia adoperata una unità di misura temporale standard uniforme. Inoltre, trattandosi nel caso di specie di clausole modificative della periodicità introdotte da Vodafone per mezzo di jus variandi, è evidente che tale diritto dell’operatore telefonico, previsto e regolato dall’art. 70 co. 4 CCE, intanto può reputarsi correttamente esercitato, in quanto rispettoso dei principi sopra richiamati, ovvero l’adozione di una periodicità conforme a scadenze d’uso e una comunicazione chiara e trasparente".

In terzo luogo, il Tribunale ha operato appello al principio di buona fede oggettiva, ritenendolo violato da una condotta contrattuale quale quella tenuta dalla Società di servizi nel caso concreto, con utilizzo della figura della exceptio doli generalis per motivare la conclusione nel senso dell'inefficacia: "in altri termini, l’esercizio del diritto potestativo dello jus variandi secondo modalità confliggenti con il principio di buona fede integra gli estremi di un abuso del diritto, con conseguente operatività del rimedio dell’exceptio doli generalis finalizzato a bloccare l’efficacia del potere stesso. In definitiva, la contrarietà delle clausole contestate dall’opponente, introdotte unilateralmente da Vodafone, alle norme, anche euro-unitarie- che sanciscono il principio di trasparenza - art. 21 della dir. 21/2002/CE e artt. 70 e 71 CC - nonché ai generali principi di correttezza e buona fede di cui all’art. 1175 e 1375 c.c. ne determina l’inefficacia".