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Inerenza e deducibilità dei costi: quando lo Stato giudica nel merito l'operato delle imprese

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Pieter Bruegel, "L'ufficio dell'esattore"

Il percorso di elaborazione in tema di inerenza e deducibilità dei costi ha visto, nell'ultimo anno e mezzo, significative evoluzioni sul piano dell'interpretazione.

L'ordinanza n. 450/2018 della Corte di Cassazione ha inaugurato un orientamento (finalmente) nel senso dell'abbandono del criterio cd. "utilitaristico", vale a dire del richiedersi all'impresa contibuente la prova che servizi conseguiti (sostenendo costi anche rilevanti) avessero concretamente inciso sulla crescita dei ricavi dell'impresa stessa.

Fortunatamente, almeno così parve, si usciva in tal modo  da un ambito di ragionamento nel quale, di fatto, l'impresa, in caso di... insuccesso del proprio programma o business plan, veniva di fatto penalizzata due volte,  "punita" per il proprio insuccesso non potendo nemmeno dedurre il costo stesso.

Nel corso del 2018, numerose altre pronunzie della Corte hanno recepito ed esplicitamente fatto proprio l'orientamento in tal modo inaugurato;:  peraltro, verso la fine dell'anno e l'inizio del 2019, alcuni Collegi della Corte,  Sezione Tributaria, hanno mostrato in qualche modo di voler sminuire l'innovazione, tentando il (consueto) itinerario motivazionale nel senso del "... in realtà ci si ricollega sempre ai principi consolidati...".

Di recente, però, l'ordinanza n. 16010/2019 della Corte, sia pure resa nello specifico ambito della detraibilità dell'IVA, riporta, per così dire, la barra sulla rotta che pare - ad ogni possibile fine -  più accettabile.

Merita riportare ampi passaggi della decisione appena menzionata.

Cass. civ. Sez. V, Ord. 14/6/2019, n. 16010.

(…)

9.2. Premesso che un costo è deducibile in quanto inerente all'attività d'impresa, questa Corte ha affermato che il "principio dell'inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d'impresa ed esprime la necessità di riferire i costi sostenuti all'esercizio dell'attività imprenditoriale", esclusa ogni valutazione in termini di utilità (anche solo potenziale o indiretta) o congruità, perchè "il giudizio sull'inerenza è di carattere qualitativo e non quantitativo" (Cass. n. 450 del 11/1/2018; Cass. n. 18904 del 17/7/2018).

Si è inoltre rilevato che "il giudizio quantitativo o di congruità non è, però, del tutto irrilevante" ed accede al diverso piano logico e strutturale dell'onere della prova dell'inerenza del costo e ciò perchè "l'oggetto del giudizio di congruità, a differenza di quello sull'inerenza, indica il rapporto tra lo specifico atto d'acquisto (l'atto d'impresa) di un diritto o di una utilità con la decurtazione: è un giudizio sulla proporzionalità tra il quantum corrisposto ed il vantaggio conseguito" (Cass. n. 33574 del 28/12/2018).

9.3. Ai fini delle imposte sui redditi, la valutazione di antieconomicità - ossia della evidente incongruità dell'operazione - legittima dunque il potere dell'Amministrazione finanziaria di accertamento, tenuto conto che le condotte che sono connotate da eccessività di componenti negativi e da compressione di componenti positivi di reddito sono indici rivelatori di un occultamento di capacità contributiva, sicchè la accertata sproporzione del costo assume valore sintomatico del fatto che il rapporto in cui il costo si inserisce è estraneo all'attività d'impresa, ossia che l'atto non è correlato alla produzione, ma assolve a diverse finalità e, pertanto, il requisito dell'inerenza è inesistente ed il costo non è deducibile.

9.4. In materia di I.V.A., ai fini della valutazione dell'inerenza, il giudizio di congruità ha una diversa incidenza, di per sè non idonea ad escludere il diritto a detrazione, salvo che l'antieconomicità manifesta e macroscopica dell'operazione sia "tale da assumere rilievo indiziario di non verità della fattura o di non inerenza della destinazione del bene o servizio all'utilizzo per operazioni assoggettate ad I.V.A." (Corte di Giustizia, 20 gennaio 2005, C-412/03, Hotel Scandic Gasaback, per cui "la circostanza che un'operazione economica sia effettuata ad un prezzo superiore o inferiore al prezzo di costo, e dunque a un prezzo superiore o inferiore al prezzo normale di mercato, è irrilevante"; Corte di Giustizia, 26 aprile 2012, C-621/10 e C-129/11, Baikan; Corte di Giustizia, 9 giugno 2011, C 285/10, Campsa Estaciones de Servicio; Corte di Giustizia, 2 giugno 2016, in C-263/15, Lajver; Cass. n. 2875 del 3/2/2017; Cass. n. 2240 del 30/1/2018).

9.5. Con riguardo all'I.V.A., pertanto, il giudizio di congruità non investe il giudizio di inerenza, ma la contestazione dell'Ufficio e, in particolare, i contenuti della prova posta a suo carico, che non può essere soddisfatta adducendo la mera antieconomicità dell'operazione, di per sè priva di rilievo (...)".

Il costante evolversi del percorso interpretativo  evidenzia quanto sia decisivo, per ogni azienda, impostare un assetto documentale contrattuale e poi una concreta, costante gestione dei rapporti coi fornitori, solidi ed in grado di documentare celermente e con il massimo di elementi l'oggettiva realtà e attinenza all'attività d'impresa di "quella" specifica fornitura.

L'onere della prova nel contenzioso fra contribuente a Amministrazione è tema quantomai dibattuto e sicuramente vi sono profili di argomentabilità astratta sulla "non" allocazione di ogni onere sul contribuente:  ma mai come in questo caso predisporre elementi documentali a prova è vitale (rammentando, ovviamente, che i mezzi di prova orali sono sconosciuti al processo tributario).

Lo Stato formalmente non vuole e non ammetterà mai di voler "sindacare"  il come l'attività d'impresa venga condotta, ma, come tale tematica dimostra, invece nei fatti svolge esattamente tale ruolo.