• Home
  • News
  • Trasferimento e licenziamento: inammissibili le sovrapposizioni di discipline diverse

Trasferimento e licenziamento: inammissibili le sovrapposizioni di discipline diverse

THBenton

T.H. Benton, "America Today", 1930

Non è infrequente, a fronte di trasferimenti da una sede all'altra, disposti dal datore di lavoro, riscontrare impugnazioni giudiziali dei medesimi, articolate "come se" si trattasse dell'impugnazione di un licenziamento, vale a dire pretendendo di estendere in via ... analogica, forse, oneri formali e criteri valutativi del secondo al primo.

Concettualmente la posizione parrebbe assurda, trattandosi, si, in entrambi casi di manifestazione di volontà datoriale incidente in modo significativo sulla sfera anche personale del lavoratore, ma se la prima è espulsiva, la seconda è invece conservativa.

Ancora più assurdo pare il tentativo quando, come in un caso recentemente seguito dallo Studio per conto di un'azienda Cliente, il trasferimento era stato valutato e condiviso anche con le OO.SS, quale misura di salvaguardia occupazionale, in vista della programmata dismissione delle lavorazioni presso un sito produttivo.

La Corte d'Appello di Torino, Sezione Lavoro, nella recente sentenza n. 639/2019, ha convalidato l'operato aziendale, riaffermando alcuni principi meritevoli di segnalazione.

La Corte ha ribadito in primo luogo, in merito alla  struttura formale del trasferimento, come il medesimo non sia soggetto ad alcun onere di forma e non debba necessariamente contenere l'indicazione dei motivi, nè il datore abbia l'obbligo di rispondere al lavoratore che li richieda (con riferimento anche all'orientamento di legittimità:  v. Cass. 1383/2019, Cass. 807/2017).

Tale princpio è stato condiviso dal Collegio giudicante, "non essendo consentito applicare in via analogica oneri di procedura e forma testualmente previsti per il licenziamento, provvedimento che non presenta alcuna affinità con il trasferimento, specie dal punto di vista della sofferenza che reca al lavoratore che ne sia destinatario".

Aggiunge, in secondo luogo,  la Corte, che non esiste un diritto del lavoratore di scegliere il luogo in cui la prestazione lavorativa debba essere resa;  viceversa, ai fini della legittimità del trasferimento è sufficiente che il datore dimostri la sussistenza delle ragioni tecnico-organizzative, tanto presso la sede di provenienza, quanto presso quella di destinazione; il controllo giudiziale è soltanto diretto ad accertare se vi sia corrispondenza tra il provvedmento datoriale e le finalità tipiche dell'impresa, trova preciso limite nel principio di libertà dell'iniziativa economica privata (ex art. 41 Cost.), non può essere esteso al merito della scelta imprenditoriale, nè questa deve presentare necessariamente il carattere dell'inevitabilità (cfr. Cass. Ord. n. 27226/2018).

Nel caso specifico, ai fini della valutazione circa la sede di destinazione, è stato considerato rilevante un dato pacifico tra le parti:  "non è contestato che presso il sito di XXX, il (lavoratore) sia utilmente occupato, il che già di per sè dimostra la ragionevolezza e l'aderenza agli interessi dell'impresa della scelta datoriale".