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Contratto di rete, codatorialità e pagamento delle retribuzioni.

Dorazio Reticolo 1964

Piero Dorazio, "Reticolo", 1964

Una recente sentenza del Tribunale del Lavoro di Bergamo, del 16 luglio 2020, prospetta un tema interessante a proposito dei rapporti di lavoro in "codatorialità", all'interno di un formale rapporto tra più imprese in rete.

Un lavoratore venne retribuito non dal proprio datore di lavoro, ma da altro soggetto imprenditoriale che aveva in essere col primo un contratto di rete;  si verificarono poi altri ritardi, il lavoratore si dimise ed agì per l'accertamento della giusta causa di recesso, che venne confermata dal Tribunale.

Il datore di lavoro "formale", per dirla col Tribunale, applicava il CCNL metalmeccanici e, quindi, ai termini temporali di pagamento previsti nel medesimo, comunque, anche il diverso imprenditore pagante avrebbe dovuto far riferimento, in un ambito nel quale "il contratto di rete prevedeva, ai sensi dell'art. 30 D.lgs. n. 276 del 2003, un regime di codatorialità del personale", tra cui il dipendente in questione;  "ciò non sovverte le disposizioni dettate dal CCNL in ordine al pagamento delle retribuzioni".

 Il Tribunale considera come ipotesi normale quella di cui dà conto,  posto che motiva:  "il pagamento del dipendente, qualora non sia effettuato dalla datrice di lavoro, ma da un'impresa appartenente al contratto di rete, deve comunque avvenire nel rispetto dei termini stabiliti dal contratto collettivo applicabile al rapporto di lavoro e inoltre, in base ai principi di correttezza e buona fede, il formale datore di lavoro dovrebbe avvisare il dipendente del fatto che il pagamento della retribuzione avviene a cura di un soggetto diverso".

Il piano della buona o cattiva fede, insieme al dato di fatto dei successivi ritardi e inadempienze, rileva ai fini del tema specifico di quel giudizio, l'accertamento appunto dell'essere o meno quelle dimissioni realmente supportate da giusta causa.

Pone qualche interrogativo, invece, uno scenario di codatorialità in cui sia previsto che, potenzialmente addirittura da un mese all'altro, l'una o l'altra delle imprese in rete possano corrispondere la retribuzione al dipendente di una sola di esse, applicando (conseguentemente) le previsioni tutte del CCNL applicato (da quella, sola, che lo ha assunto) al di lui rapporto di lavoro.

Non pare casuale che il Tribunale di Bergamo usi la terminologia, allora, di datore di lavoro "formale", mentre in altri contesti interpretativi l'impresa che ha assunto Tizio, anche con la modalità della codatorialità all'interno di un contratto di rete, viene definito datore di lavoro "effettivo".

Non è dato conoscere dalla motivazione cosa fosse stato esplicitamente previsto dal Regolamento di rete, in tema di concreta "messa a fattor comune" di elementi del personale tra più imprese e concreta gestione dei rapporti: sono le "regole stabilite attraverso il contratto di rete stesso" di cui parla l'ultimo inciso del comma 4 ter dell'art. 30 d.lgs. 276/2003.  Qualche dubbio sorge.

Il contratto di rete non crea un'unità indistinta di soggetti imprenditoriali, a fini giuslavoristici:  ragionare di solidarietà nell'esteso ambito dei fenomeni di "esternalizzazione" è stato autorevolmente indicato come doveroso  dalla Corte Costituzionale con sentenza 254/2017 (seguita rapidamente da circolari ministeriali dedicate a contratti di rete e consorzi), ma la solidarietà  in sè non oblitera le singole entità. 

Come configurare una sorta di meccanismo, "a turno", per così dire, nei pagamenti delle retribuzioni,  con i versamenti in ambito contributivo e fiscale inscindibilmente connessi alle retribuzioni ? E' pensabile che l'impresa B versi anche la contribuzione per Tizio, dipendente dell'impresa in rete A ?

Come individuare con precisione, prima ancora di tenere distinte, le posizioni di garanzia in un simile contesto ? E così via.  

L'impressione è che,  di fronte ad una codatorialtà in senso tipico, (vale a dire la fattispecie disciplinata dal comma 4-ter menzionato), possa essersi sovrapposta nel ragionamento la logica unificatrice della giurisprudenza che usa codatorialità in senso atipico (vale a dire come sinonimo della teorica del centro unitario di imputazione del rapporto di lavoro):  con recupero di un dovere di informazione secondo buona fede che invece, se davvero tale modalità a rotazione di pagamento fosse stata prevista nel regolamento/contratto di rete, forse non avrebbe avuto ragione di emergere ulteriormente.

Il contratto di rete e la codatorialità sono strumenti potenzialmente preziosi:  ma richiedono una strutturazione formale adeguata, anche per evitare interpretazioni potenzialmente eversive delle loro finalità.