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Imprese agricole "senza terra" e somministrazione di manodopera: equivoci concettuali

Cinta senese particolare degli Effetti del Buongoverno in campagna di Ambrogio Lorenzetti

Ambrogio Lorenzetti, "Effetti del buongoverno in campagna", Siena 1338-1339, affresco, particolare.

L'INPS, con la propria Circolare n. 94/2019, è ritornata ad occuparsi di imprese agricole sotto vari punti di vista;  in particolare, il paragrafo 8 della circolare, dedicato alle "imprese non agricole", è meritevole di menzione, sul piano sia dei principi che delle ricadute pratiche dei medesimi sul contesto imprenditoriale.

"(...) ai fini previdenziali che qui rilevano, l'impresa dovrà essere dotata di un'effettiva struttura imprenditoriale con la predisposizione di mezzi, risorse e organizzazione, tanto da potersi configurare l'ipotesi del cd. appalto genuino. In mancanza di un'effettiva struttura imprenditoriale e dell'inquadramento previdenziale dell'azienda in altro settore diverso da quello agricolo, si configura l'ipotesi di assunzione di lavoratori al solo scopo di inviarli presso le aziende utilizzatrici, attraverso l'ipotesi dell'appalto di servizio o altri similari, integrando la fattispecie della mera somministrazione di manodopera".

Una lettura, che pare affrettata, di tale interpretazione (interpretazione, vale la pena sempre rammentarlo, che per quanto qualificata è di un Ente, il quale in un contenzioso è "parte" esattamente come ogni altra) è stata proposta da varie parti nei mesi successivi, nel senso del doversi negare, addirittura, la dignità imprenditoriale e quindi la capacità di instaurare rapporti contrattuali di appalto genuino alle cd. imprese "senza terra", operanti sì in ambito agricolo, ma senza disporre di titolo giuridico / possesso sui/dei terreni ove vengano richieste di operare.

Deve essere escluso ad  un'impresa "senza terra" di poter essere valida, genuina impresa agricola, di poter iscrivere i lavoratori alla gestione agricola e versare la contribuzione INPS coerente ?

Non sembra trovarsene motivo già nel testo, novellato nel 2001, del comma 2 art. 2135 c.c., che specifica la nozione di "coltivazione del fondo, selvicoltura e allevamento di animali" in termini di "attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine".

La facoltà di utilizzo del fondo   che venga (ovviamente) dedotta in un contratto di appalto, non sarebbe quindi sufficiente ?  La legge non pare esprimere questa negazione.

Non solo: lo stesso INPS, nella precedente circolare n. 126/2009, precisava che il concetto di “impresa senza terra” (imprese individuali, società personali, di capitali, imprese cooperative), è "privo di riscontro dal punto di vista tecnico-giuridico. E’ un concetto coniato dalla prassi amministrativa, ancor prima dell’emanazione dei decreti legislativi nn. 226-227-228 del 2001, per individuare, tra le altre,  le aziende di cui all’articolo 6 della legge n. 92/79, non definibili agricole ai sensi del previgente articolo 2135 del codice civile, al fine di assoggettarne i dipendenti alla contribuzione agricola unificata e distinguerle dalle aziende per le quali il possesso del fondo era considerato elemento indispensabile ai fini della relativa definizione come “agricola”(vedi in tal senso la circolare INPS n. 212/1998)".

Subito dopo, con riferimento alla nuova (ed attuale) formulazione dell'art. 2135 comma 2, l'INPS ha espresso quanto segue: "la novità della non indispensabilità del possesso del fondo introdotta dal novellato articolo 2135 del codice civile non modifica il punto della questione.  Infatti se prima della modifica dell’articolo 2135 del codice civile il riferimento, per le aziende era il fondo, dopo la modifica il riferimento è il ciclo biologico, o una fase dello stesso, la cui mancanza esclude la possibilità di definire l’azienda come agricola".

"Senza terra", quindi, pare etichetta, in sè, suggestiva, ma priva di rilievo.  Laddove, poi, la circolare 94/2019 evoca la somministrazione di manodopera, merita rammentare che in altri contesti imprenditoriali, ai fini della distinzione tra questa e l'appalto genuino, la proprietà di rilevanti beni strumentali non è richiesta, che altrimenti non avrebbe più senso parlare (lecitamente) di appalti "labour intensive".

La materia è di piena attualità ed ogni singolo caso presenta risvolti che lo individualizzano: un corretto assetto contrattuale tra committenza ed imprese appaltatrici, che tenga conto anche dell'evoluzione della prassi interpretativa, può essere un buon punto di partenza difensivo in caso di contenzioso con l'Ente.