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Cambio di appalto, clausola sociale e assunzioni della subentrante: i licenziamenti della cedente, tuttavia, non si "presumono"

 nebbia

 Bruno Munari, "Nella nebbia di Milano", 1968

Una recente sentenza della Corte di Cassazione sottolinea la delicatezza di situazioni che possono verificarsi nel corso dei "cambi di appalto", ove i rapporti di lavoro già esistenti alle dipendenze dell'appaltatore precedente siano destinati a proseguire con l'appaltatore subentrante, per effetto delle cd. "clausole sociali" presenti in non pochi contratti collettivi.

Uno dei più noti è il cd. CCNL MULTISERVIZI, che al proprio articolo 4 prevede, tra l'altro, che l'impresa subentrante assumerà in qualità di dipendenti i lavoratori trasferiti dall'impresa cessante.

Prassi e logica depongono nel senso che la "cessante" proceda formalmente a licenziare i lavoratori già addetti all'appalto da cui la medesima va ad uscire;  ciò però non avviene sempre, registrandosi non poche informalità e violazioni degli obblighi anche informativi previsti dal medesimo art. 4 in fasi di passaggio non di rado concitate.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 523/2019, ha esaminato uno di questi, delicati casi, dal punto di vista specifico della dimostrazione dell'essere effettivamente avvenuto o meno il licenziamento di un lavoratore da parte della cedente.

La Corte esplicita un principio meritevole di attenzione, poichè, a lume di puro buon senso, a seguito dell'applicazione della clausola "sociale" da parte della subentrante, quindi dell'assunzione concretamente avvenuta del lavoratore, parrebbe potersi presumere che il medesimo fosse ben stato licenziato dalla cedente.  Non è, invece, apprendiamo, così.

La Corte d'Appello di Torino aveva, appunto, tradotto in termini di regola di giudizio il "buon senso", sostenendo che dovesse ritenersi "provato, in via presuntiva, il licenziamento del lavoratore X intimato dalla CEDENTE, "per effetto della clausola sociale di cui all'art. 4 c.c.n.l. Multiservizi che, come è noto, comporta la risoluzione dei rapporti di lavoro da parte dell'impresa cedente e l'assunzione ex novo da parte dell'impresa subentrante". 

Tale approccio viene ribaltato dalla Cassazione, la quale ricorda che "l'atto del licenziamento costituisce un negozio giuridico unilaterale recettizio, vincolato al requisito  della forma scritta".

Ne consegue che è errato ritenere provato il licenziamento in quanto "desunto logicamente dalla cessazione di fatto del rapporto di lavoro", richiedendosi invece la prova di un "licenziamento quale atto scritto di recesso recapitato al destinatario".  Ha dunque errato, la Corte d'Appello, quando ha ritenuto "assolto l'onere di prova facente capo alla società datoriale, pur in mancanza di un atto scritto di licenziamento, quale elemento necessario".

La decisione stimola, indubbiamente, il ragionamento, posto che nega rilievo ad elementi fattuali che parrebbero di segno inequivoco. Per altro verso, ove la CEDENTE non abbia licenziato e la SUBENTRANTE non abbia assunto, il lavoratore non può vantare diritti nei confronti della seconda;  v. in tal senso, ad esempio, Trib. Asti, Sentenza n. 214/2016, pubbl. il 12/10/2016, a definizione di una controversia seguita dallo Studio per conto della subentrante, nella quale si dibatteva sulla clausola sociale, assai affine, di cui all'art. 37 del CCNL Cooperative Sociali.

Secondo quanto venne motivato in tal caso dal Tribunale, la cessazione dell'appalto può senz'altro costituire giustificato motivo oggettivo di licenziamento, "ma tale licenziamento non costituisce atto dovuto, rimanendo esso affidato all'iniziativa dell'impresa cessante. (...) Nè può ritenersi che il licenziamento si sia realizzato per fatti concludenti", non essendovi prova che la lavoratrice abbia offerto la prestazione alla CEDENTE e questa l'avesse rifiutata.

Considerazione, l'ultima riportata, che pare prospettare, quindi, in modo diverso la regola di giudizio sulla prova di un licenziamento, ammettendosi i "fatti concludenti".

Emergono quindi seri aspetti problematici in sede di cambio di appalto, vicenda a fronte della quale lo Studio suggerisce alle Società clienti vari livelli di cautela formale: nei confronti delle cedenti come delle committenti come, non ultime, delle Organizzazioni Sindacali coinvolte da parte delle clausole stesse dei CCNL.