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Subfornitura: la monocommittenza in sè non è "dipendenza economica"

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Dall'entrata in vigore della legge 192/1998 in tema di subfornitura industriale non sono mancati i tentativi di sostenere l'automatismo interpretativo per cui sarebbe sufficiente un rapporto di monocommittenza (= fornitore che opera per un solo cliente) per integrare la cd. "dipendenza economica", che può rilevare ai fini di cui all'art. 9 della legge stessa.

Il tentativo parve già ai primi interpreti forzato, cionondimeno si registrarono occasionali pronunzie in tal senso.

In realtà la vera "dipendenza economica" è altro, ben più pregnante della semplice monocommittenza che, la realtà lo mostra, può anche dipendere dalla scelta dell'imprenditore "monocommittente" di operare per un solo cliente (facilitando anche in tal modo vari aspetti di gestione concreta della propria attività).  

Il "contrappasso" di tale decisione risiede nell'affidare integralmente le sorti dell'impresa all'andamento della cliente (e pure a decisioni di terzi che a loro volta determinino comportamenti della cliente stessa):  ma si rientra nell'ambito del rischio di impresa, assunto dal subfornitore.   Diverso il caso se, ad esempio, esista un vincolo di esclusiva nelle forniture, imposto dal cliente stesso.

Il Tribunale di Novara, con ordinanza 7/6/2018 resa a definizione del procedimento cautelare RG n. 1066/2018, seguito dallo Studio dal lato del cliente convenuto in giudizio, ha analizzato un caso concreto nel quale il subfornitore, a seguito dell'estinzione del rapporto col suo cliente (a sua volta fornitore di altri) aveva chiesto in via di inibitoria il ripristino del rapporto di fornitura ope iudicis.

L'esito è stato negativo per il subfornitore ed il Tribunale ha, tra l'altro, precisato che la parte che agisce invocando la tutela prevista dall'art. 9 della legge 192/1998 deve fornire la prova dell'eccessivo squilibrio di diritti e obblighi creato dall'impresa dominante, ravvisabile, per esempio, nella presenza di investimenti specializzati e difficilmente recuperabili in utilizzi alternativi, nella lunga durata e nella esclusività mdella relazione tra le due parti, nel ritardo nei pagamenti, nell'assenza di pattuizioni scritte, nell'impossibilità per l'impresa dipendente di reperire sul mercato alternative soddisfacenti.

E' stato, poi, escluso dal Tribunale che la monocommittenza ed anche la dipendenza tecnologica costituiscano di per sè la prova della dipendenza economica tecnicamente intesa, "laddove la scelta di lavorare per un unico committente non sia stata in alcun modo imposta da quest'ulttimo, nè giustificata da circostanze oggettive".

La prova di una reale situazione di dipendenza economica è elemento essenziale della fattispecie "abuso di dipendenza economica" di cui all'art. 9 della legge 192/1998.

Il legislatore non fornisce una definizione di abuso limitandosi, al 2° comma dell’art. 9, ad individuare alcune specifiche fattispecie.

Da un punto di vista dell’analisi economica del diritto, l’abuso si concreta in quello che viene definito uno "hold up" (un ricatto, un’estorsione: così già Klein-Crawford-Alchian, Vertical Integration, Appropriable Rents, and the Competitive Contracting Process, in Journal of Political Economy, 1978, p. 297.) alla parte che ha effettuato gli investimenti specifici con conseguente appropriazione delle c.d. quasi rendite (quasi-rents). Il valore delle quasi rendite viene individuato nella differenza tra il valore del bene e il suo valore di recupero (salvage value), cioè il valore del suo miglior uso alternative (il concetto di “quasi rendita” esula da quello di difetto di concorrenzialità del mercato perché non va intesa come una rendita di monopolio; in questo senso, R. Natoli, Brevi note sull’abuso di dipendenza economica “contrattuale”, in Giur. it., 2003, p. 725).

L’appropriazione abusiva di una "quasi rendita" può essere conseguenza di cattivo funzionamento del mercato di riferimento, perché, ad esempio, vi sono barriere all’entrata (per i più svariati motivi), ma può essere conseguenza, appunto, anche di condotta pressoria che l’impresa in posizione di supremazia attui dopo la conclusione del contratto.

Una mirata strutturazione dei rapporti contrattuali con le subfornitrici può coadiuvare esiti positivi dal lato del committente.